mercoledì 30 maggio 2018

Officine di Bellinzona, le Ffs fanno il gioco dell'oca


“Rien ne va plus” tra Cantone, Città e Rappresentanti delle maestranze delle Officine: l’unità d’azione si è rotta lo scorso 11 dicembre 2017 con la presentazione della dichiarazione d’intenti (DI) elaborata dal triunvirato FFS, CdS e Municipio. CdS e Municipio a favore, Associazione Giù le mani e sindacati invece no. Dove sta l’inghippo? Non facile orientarsi nella intricata e lunga vicenda. Per dirimere occorre partire dal punto del comune accordo, ovvero la Convenzione Centro di competenza (CdC) nel settore della mobilità sostenibile e ferroviaria presso le Officine FFS, sottoscritta dalle parti nel 2013. Essa recita che obiettivo del CdC “è di costituire una piattaforma modulare nella quale confluiscano tutte le competenze presenti sul territorio regionale e nazionale al fine di incentivare e favorire lo sviluppo di progetti innovativi”; concretamente: “un sistema a rete formato dai diversi attori operanti nell'ambito della mobilità ferroviaria sul territorio ticinese” con “fulcro nelle Officine FFS di Bellinzona”. Tre settori di attività del CDC a)“manutenzione (non unicamente legata alle locomotive, carri merci (standard e speciali), ma anche alle componenti ferroviarie e ad altri prodotti industriali) e ammodernamento ( materiale rotabile, infrastrutture ferroviarie; b) ingegneria e c) offerta di servizi. Si fa notare che “è inevitabile un contatto diretto e una stretta collaborazione con le attività delle Officine FFS di Bellinzona” e che “le FFS inizialmente giocheranno un ruolo importante per lo sviluppo di nuovi progetti”. Leggendo la DI si apprende che: “la realizzazione di un nuovo stabilimento industriale FFS per la manutenzione del materiale rotabile e il conseguente recupero urbanistico dell’area occupata dallo stabilimento esistente” sono due progetti paralleli. Il “Nuovo stabilimento” è “cucina interna” delle sole FFS, sole proprietarie e uniche a decidere su contenuti e modalità, nonché ubicazione. Concretamente: manutenzione di tre composizioni che dovrebbero impiegare 200-230 persone, d’altro solo idee vaghe. Mentre il progetto di “recupero urbanistico” dell’area delle attuali Officine, sarà diretto da un gruppo misto in cui le FFS sono rappresentate con diritto di veto, in quanto le decisioni, come scritto nella DI, devono essere prese all’unanimità. Il Centro di competenza non avrà più la sua sede “presso le Officine FFS”, bensì ubicarsi all’interno dei 45mila mq delle ex officine ceduti dalle FFS alla Città, dove sorgerà un parco industriale innovativo che Città e Cantone realizzeranno con l’aiuto di una società di consulenza e promozione privata di Zurigo. Il diavolo si nasconde nei dettagli e la DI ne riserva alcuni. Primo: la DI non precisa la necessità di definire un contratto che stabilisca attività e responsabilità specifiche dei singoli attori verso il CdC. Contratto necessario per colmare il vuoto della Convenzione che di per sé non ha vincolo giuridico. Senza tale contratto le FFS possono essere membro della Fondazione CdC, pur rimanendo passive come lo sono state finora. Secondo: “La presente dichiarazione d’intenti prevale in caso di contraddizioni con il testo di precedenti accordi tra le medesime parti”. Da intendere anche la stessa Convenzione CdC? Terzo: Le FFS non figurano esplicitamente tra gli attori del Parco innovativo. Insomma alle FFS con la DI è riuscito un colpo di coda magistrale, come nel gioco dell’oca: rispedire tutti alla casella di partenza del 2008. V’è da sperare che i politici dei rispettivi legislativi, prossimamente chiamati a votare i crediti, sciolgano l’inghippo, e riportino il vascello sulla buona rotta. Rotta che pressioni e specifici tornaconti, ingenuità o la “ruse” di pochi ha deviato verso meri interessi delle FFS a scapito di una strategia industriale ticinese in campo ferroviario innovativa e di posti di lavoro qualificati. 

Apparso su Area  Mercoledì 30 Maggio 2018
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