“Rien ne va plus” tra Cantone, Città e Rappresentanti delle maestranze
delle Officine: l’unità d’azione si è rotta lo scorso 11 dicembre 2017 con
la presentazione della dichiarazione d’intenti (DI) elaborata dal
triunvirato FFS, CdS e Municipio. CdS e Municipio a favore, Associazione
Giù le mani e sindacati invece no. Dove sta l’inghippo? Non facile
orientarsi nella intricata e lunga vicenda. Per dirimere occorre partire
dal punto del comune accordo, ovvero la Convenzione Centro di competenza
(CdC) nel settore della mobilità sostenibile e ferroviaria presso le
Officine FFS, sottoscritta dalle parti nel 2013. Essa recita che obiettivo
del CdC “è di costituire una piattaforma modulare nella quale confluiscano
tutte le competenze presenti sul territorio regionale e nazionale al fine
di incentivare e favorire lo sviluppo di progetti innovativi”;
concretamente: “un sistema a rete formato dai diversi attori operanti
nell'ambito della mobilità ferroviaria sul territorio ticinese” con “fulcro
nelle Officine FFS di Bellinzona”. Tre settori di attività del CDC
a)“manutenzione (non unicamente legata alle locomotive, carri merci
(standard e speciali), ma anche alle componenti ferroviarie e ad altri
prodotti industriali) e ammodernamento ( materiale rotabile, infrastrutture
ferroviarie; b) ingegneria e c) offerta di servizi. Si fa notare che “è
inevitabile un contatto diretto e una stretta collaborazione con le
attività delle Officine FFS di Bellinzona” e che “le FFS inizialmente
giocheranno un ruolo importante per lo sviluppo di nuovi progetti”.
Leggendo la DI si apprende che: “la realizzazione di un nuovo stabilimento
industriale FFS per la manutenzione del materiale rotabile e il conseguente
recupero urbanistico dell’area occupata dallo stabilimento esistente” sono
due progetti paralleli. Il “Nuovo stabilimento” è “cucina interna” delle
sole FFS, sole proprietarie e uniche a decidere su contenuti e modalità,
nonché ubicazione. Concretamente: manutenzione di tre composizioni che
dovrebbero impiegare 200-230 persone, d’altro solo idee vaghe. Mentre il
progetto di “recupero urbanistico” dell’area delle attuali Officine, sarà
diretto da un gruppo misto in cui le FFS sono rappresentate con diritto di
veto, in quanto le decisioni, come scritto nella DI, devono essere prese
all’unanimità. Il Centro di competenza non avrà più la sua sede “presso le
Officine FFS”, bensì ubicarsi all’interno dei 45mila mq delle ex officine
ceduti dalle FFS alla Città, dove sorgerà un parco industriale innovativo
che Città e Cantone realizzeranno con l’aiuto di una società di consulenza
e promozione privata di Zurigo. Il diavolo si nasconde nei dettagli e la DI
ne riserva alcuni. Primo: la DI non precisa la necessità di definire un
contratto che stabilisca attività e responsabilità specifiche dei singoli
attori verso il CdC. Contratto necessario per colmare il vuoto della
Convenzione che di per sé non ha vincolo giuridico. Senza tale contratto le
FFS possono essere membro della Fondazione CdC, pur rimanendo passive come
lo sono state finora. Secondo: “La presente dichiarazione d’intenti prevale
in caso di contraddizioni con il testo di precedenti accordi tra le
medesime parti”. Da intendere anche la stessa Convenzione CdC? Terzo: Le
FFS non figurano esplicitamente tra gli attori del Parco innovativo.
Insomma alle FFS con la DI è riuscito un colpo di coda magistrale, come nel
gioco dell’oca: rispedire tutti alla casella di partenza del 2008. V’è da
sperare che i politici dei rispettivi legislativi, prossimamente chiamati a
votare i crediti, sciolgano l’inghippo, e riportino il vascello sulla buona
rotta. Rotta che pressioni e specifici tornaconti, ingenuità o la “ruse” di
pochi ha deviato verso meri interessi delle FFS a scapito di una strategia
industriale ticinese in campo ferroviario innovativa e di posti di lavoro
qualificati.
Apparso su Area Mercoledì 30 Maggio 2018
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