venerdì 3 maggio 2019

19 maggio un voto per il futuro del Ticino



Perché approvare l’iniziativa, perché non seguire invece Governo e Parlamento che la considerano superata? Leggendo la documentazione accompagna il materiale di voto risulta difficile per il cittadino
ritrovare il filo della lunga e complessa vicenda che ha suscitato
emozione, solidarietà e mobilitazione; difficile capire perché coloro che nel 2013 festeggiarono all’unisono la firma della Convenzione per il
“Centro di competenza in materia di mobilità sostenibile e ferroviaria presso le Officine FFS di Bellinzona”(CdC), oggidì si trovano su due campi opposti. Per comprendere occorre partire dalla Dichiarazione d'intenti (DI), elaborata in stretto riserbo dal triunvirato FFS, CdS e Municipio, da loro sottoscritta e presentata nel dicembre 2017. La DI rappresenta un voltafaccia-dietrofront rispetto al CdC: ridà totale autonomia di azione alle FFS, anche riguardo il “Nuovissimo impianto industriale”, sui cui contenuti e attività, Cantone e Città non hanno nulla da dire, pur finanziandolo con 120 milioni a fondo perso. Mentre le FFS hanno voce in capitolo sulla pianificazione del sedime delle attuali officine, metà del quale ritornerà in possesso della Turrita, ma su cui non potrà edificare centri commerciali come precisato nella DI. Infine la DI non affronta la regolamentazione (mediante contratto) degli impegni delle FFS previsti

dalla Convenzione CdC, finora disattesi e che arrischiano l’oblio. L'iniziativa consente di completare e correggere in forma costruttiva quanto deciso dal parlamento: non blocca la costruzione del nuovo stabilimento, non intralcia quanto ivi previsto, ma incarica il CdS di negoziare con le FFS la l’ampliamento delle attività: sola garanzia questa per poter mantenere nel lungo periodo competenze, qualifiche e lavoro. In caso di accettazione il CdS è chiamato a condurre trattative con le FFS per svolgere attività che le stesse hanno deciso di dismettere: leggi manutenzione settore merci (che ha perso il 70% da quando le OBe sono passate sotto la divisione viaggiatori); ma anche per ampliare il ventaglio di attività di manutenzione aggiungendo quelle indicate nella Convenzione CdC: composizioni merci, ricerca e sviluppo e produzione, acquisizione di mercati, che sono stati esclusi.
Ciò presuppone un altro ruolo Stato che non può limitarsi a “
definire condizioni quadro adeguate affinché le aziende possano svolgere efficacemente la propria attività”- come sta scritto nell'argomentazioni di Governo e Parlamento. Al contrario quale ente pubblico moderno lo Stato deve essere proattivo, ovvero: anticipare, promuovere e, nei settori strategici, partecipare direttamente a società. La realtà svizzera e ticinese lo dimostra: le stesse FFS create per volontà popolare nel 1892, diventate SA solo nel 1998, con azionista unico la Confederazione. L’AET in Ticino, creata nel 1958, è un’azienda pubblica che produce, commercia energia elettrica. Nel caso specifico dell’iniziativa la forma giuridica più adeguata sarebbe la società mista(vedi esempio Ferrovie retiche, con capitale di Cantone, Confederazione, comuni e privati). E anche se lo Stato non ha esperienza nel settore ferroviario, vi sono persone con competenze di punta nel settore, basta cercarle. Persone che sarebbero in grado di valutare “le eventuali “incognite finanziarie e rischi di deficit” paventati dagli oppositori. Affermare che è ”operazione problematica perché le FFS non saranno disposte a partecipare alla sua concretizzazione” dimostra la poca chiarezza di principi, nonché una fastidiosa e perdurante sudditanza che porta ad anticipare l’esito della negoziazione prima ancora di svolgerla! La negoziazione è possibile perché le FFS devono avere un centro per la manutenzione a sud del Gottardo, il suo trasferimento oltralpe toglierebbe le già scarse tracce destinate ai convogli passeggeri e merci.
Il treno del futuro è un SI all'iniziativa, il NO è di coloro che aspetteranno invano il treno sul binario morto.


Apparso su Corriere del Ticine, 2 maggio 2019
Link CdT  

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