Parte 2
Con Industria 4.0 siamo entrati nell’era dell’automazione grazie alla tecnologia che consente di realizzare macchine in grado di attuare attributi finora di stretto dominio umano e dove applicate sostituire il lavoro dell’uomo. Le varie macchine (computer, robot, sistemi misti ) sono sempre più grado di valutare, esprimere un giudizio, apprendere da quanto fanno, di ragionare e di creare. In campi specifici ovviamente, ma il trend è lanciato.
C’è da aspettarsi un impatto sull’organizzazione del lavoro che subirà un ulteriore radicale mutamento mano a mano che Industria 4.0 si diffonderà. Una diffusione non omogenea, piuttosto a macchie di leopardo, in settori, rami operativi, nonché paesi dove più vige maggior concorrenza. Nuove o diverse competenze saranno richieste ai collaboratori, rendendo obsolete la maggioranza di quelle odierne, e come nelle precedenti rivoluzioni vi sarà sostituzione di lavoro umano in settori finora off-limits. Logica quindi la disoccupazione tecnologica, e al contempo l’aumento poderoso della produttività del lavoro, ovvero minor tempo di lavoro umano per creare un‘unità di bene o servizio. Che succederà allora con il lavoro: aumenterà, come pare essere certa l’ideologia dominante, oppure scemerà? Per
rispondere occorre dapprima chiarire che per le statistiche sul lavoro appare occupato chi ha lavorato almeno un’ora al giorno, quindi l’impiego può aumentare, ma non necessariamente la sua durata e relativo reddito! Ovviamente anche in futuro il fabbisogno di lavoro continuerà ad esistere
ma sotto forme e modalità ben diverse da quelle in vigore. Già si possono cogliere deboli, ma significativi segnali, che mostrano accanto alla forme classiche di impiego a tempo indeterminato, un fiorire di modalità atipiche, che, sfruttando internet e relative applicazioni, consentono alla singola persona di interagire direttamente con una piattaforma per offrire o
cercare lavoro( il cosiddetto “crowdworking” praticato da almeno 3,5 % degli Svizzeri). Lo sconvolgimento dell’organizzazione del lavoro è grande; e altrettanto lo è quello dello statuto e forme giuridiche di lavoro autonomo ( più noto quello alla Uber) attualmente non contemplate, o non sufficientemente tutelate o dal sistema d’assicurazioni sociali. L’uberizzazione, sorta di moderno cottimo, comporta, per dirla con Varoufakis, riduzioni strategiche dei salari a livelli sempre più bassi che non possono essere razionali, in quanto contraggono la domanda aggregata portando al collasso catastrofico, generato da una spirale perniciosa: minor reddito, implica meno domanda, quindi minor produzione di VA, da cui minor ridistribuzione sotto forma di salario e di imposte, minor risorse per lo stato per acquisire (beni e servizi)o ridistribuire (reddito a coloro sotto la soglia della povertà)....
Un aneddoto affibbiato a Henry Ford II riassume la questione lavoro umano sostituito dalle macchine; esso narra che Ford rivolgendosi a Walter Reuther boss dei sindacati in visita alla fabbrica disse: “come farai a far
Con Industria 4.0 siamo entrati nell’era dell’automazione grazie alla tecnologia che consente di realizzare macchine in grado di attuare attributi finora di stretto dominio umano e dove applicate sostituire il lavoro dell’uomo. Le varie macchine (computer, robot, sistemi misti ) sono sempre più grado di valutare, esprimere un giudizio, apprendere da quanto fanno, di ragionare e di creare. In campi specifici ovviamente, ma il trend è lanciato.
C’è da aspettarsi un impatto sull’organizzazione del lavoro che subirà un ulteriore radicale mutamento mano a mano che Industria 4.0 si diffonderà. Una diffusione non omogenea, piuttosto a macchie di leopardo, in settori, rami operativi, nonché paesi dove più vige maggior concorrenza. Nuove o diverse competenze saranno richieste ai collaboratori, rendendo obsolete la maggioranza di quelle odierne, e come nelle precedenti rivoluzioni vi sarà sostituzione di lavoro umano in settori finora off-limits. Logica quindi la disoccupazione tecnologica, e al contempo l’aumento poderoso della produttività del lavoro, ovvero minor tempo di lavoro umano per creare un‘unità di bene o servizio. Che succederà allora con il lavoro: aumenterà, come pare essere certa l’ideologia dominante, oppure scemerà? Per
rispondere occorre dapprima chiarire che per le statistiche sul lavoro appare occupato chi ha lavorato almeno un’ora al giorno, quindi l’impiego può aumentare, ma non necessariamente la sua durata e relativo reddito! Ovviamente anche in futuro il fabbisogno di lavoro continuerà ad esistere
ma sotto forme e modalità ben diverse da quelle in vigore. Già si possono cogliere deboli, ma significativi segnali, che mostrano accanto alla forme classiche di impiego a tempo indeterminato, un fiorire di modalità atipiche, che, sfruttando internet e relative applicazioni, consentono alla singola persona di interagire direttamente con una piattaforma per offrire o
cercare lavoro( il cosiddetto “crowdworking” praticato da almeno 3,5 % degli Svizzeri). Lo sconvolgimento dell’organizzazione del lavoro è grande; e altrettanto lo è quello dello statuto e forme giuridiche di lavoro autonomo ( più noto quello alla Uber) attualmente non contemplate, o non sufficientemente tutelate o dal sistema d’assicurazioni sociali. L’uberizzazione, sorta di moderno cottimo, comporta, per dirla con Varoufakis, riduzioni strategiche dei salari a livelli sempre più bassi che non possono essere razionali, in quanto contraggono la domanda aggregata portando al collasso catastrofico, generato da una spirale perniciosa: minor reddito, implica meno domanda, quindi minor produzione di VA, da cui minor ridistribuzione sotto forma di salario e di imposte, minor risorse per lo stato per acquisire (beni e servizi)o ridistribuire (reddito a coloro sotto la soglia della povertà)....
Un aneddoto affibbiato a Henry Ford II riassume la questione lavoro umano sostituito dalle macchine; esso narra che Ford rivolgendosi a Walter Reuther boss dei sindacati in visita alla fabbrica disse: “come farai a far
pagare i contributi a questi robot?” Al che il sindacalista rispose
come farai a farti acquistare le tue macchine: dai robot?”..
Appare ovvio che con l’affermarsi del nuovo paradigma produttivo sia necessario attuare un cambiamento dei principi di economia politica. la prima volta nella storia moderna.
Appare ovvio che con l’affermarsi del nuovo paradigma produttivo sia necessario attuare un cambiamento dei principi di economia politica. la prima volta nella storia moderna.
e “tu
Non è
Non è
Accadde a cavallo tra 800 e 900 quando di fronte a disoccupazione e
precarizzazione prodotte dalla rivoluzione industriale, le classi dirigenti
dei vari paesi industrializzati si convinsero, non dopo lunghi dibattiti e
moti popolari, che la miseria sociale non derivava dalla volontà divina, ma
interpretata come conseguenza di un ordinamento politico ed economico.
Riconobbero la necessità di dar avvio a ciò che oggi chiamiamo sistema
welfare. Industria 4.0 obbliga pure al ripensamento, essa tuttavia offre
anche un’opportunità da tempo agognata: diminuire la durata del lavoro
grazie al poderoso aumento di produttività. “Il progresso tecnico
consentirà prosperità generale e riduzione del tempo di lavoro”, disse
Keynes nel 1930, profetizzando che entro 100 anni “3 ore di lavoro
giornaliero, 15 settimanali, sarebbero bastate”. Non siamo lontani dalla
scadenza. Spetta quindi alla politica volere e sapere farsi carico del
cambiamento, per ridefinire principi e priorità, consentendo di mantenere
e/o migliorare il benessere di tutti.
Se il dibattito tra teorici è assai vivace, quello politico langue e non pare all’altezza dell’importanza del problema. Le proposte presentate nel novembre scorso dal Consiglio federale (formazione di base e continua per
Se il dibattito tra teorici è assai vivace, quello politico langue e non pare all’altezza dell’importanza del problema. Le proposte presentate nel novembre scorso dal Consiglio federale (formazione di base e continua per
preparare i lavoratori alle nuove esigenze in primis, e secondariamente
puntuali e specifici adattamenti delle condizioni quadro nel settore
dell'occupazione e della sicurezza sociale) dimostrano scarsa comprensione
dell’insieme della problematica, ed una propensione a restare a rimorchio
della rassicurante ideologia dominate affermante che il lavoro cancellato
sarà compensato da quello nuovo con la crescita. Un atteggiamento a
rimorchio, piuttosto che alla guida dello sviluppo.
Per riuscire la politica, scevra da ideologie, dovrà saper porre alcune domande pertinenti; per esempio: a chi vanno i guadagni di produttività realizzati? Come ripartire tali guadagni? Cosa significa lavoro oggi: solo prestazione remunerata che produce valore di scambio ? o anche prestazioni non remunerate che generano valore di scambio (es. uso internet da cui le grandi del web traggono big data che generano ingenti profitti) o ancora tutte le prestazioni che generano valore d’uso, non remunerate (lavori domestici, educativi, di cura, ...) senza le quali l’economia si bloccherebbe?... Ce la farà da sola o occorrerà una “spinta dal basso?"
Apparso in Corriere del Ticino 10 marzo 2018
rimorchio, piuttosto che alla guida dello sviluppo.
Per riuscire la politica, scevra da ideologie, dovrà saper porre alcune domande pertinenti; per esempio: a chi vanno i guadagni di produttività realizzati? Come ripartire tali guadagni? Cosa significa lavoro oggi: solo prestazione remunerata che produce valore di scambio ? o anche prestazioni non remunerate che generano valore di scambio (es. uso internet da cui le grandi del web traggono big data che generano ingenti profitti) o ancora tutte le prestazioni che generano valore d’uso, non remunerate (lavori domestici, educativi, di cura, ...) senza le quali l’economia si bloccherebbe?... Ce la farà da sola o occorrerà una “spinta dal basso?"
Apparso in Corriere del Ticino 10 marzo 2018
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