sabato 6 maggio 2017

Web 4.0, nuova questione sociale?


L’inizio ’800 e la fase attuale, malgrado i contesti radicalmente diversi, hanno varie analogie, tra cui la grande innova- zione tecnologica – che genera cambiamenti e scombussola l’ordine esistente – e la necessità per i governanti di saperla gestire per garantire uno sviluppo prospero ai loro cittadini. La 4a rivoluzione industriale, denominata web 4.0, è in atto, poggia su sistemi che consentono una crescente digitalizzazione e robotizzazione delle attività. Come le precedenti rivoluzioni muove i propri passi, assai lentamente, apparentemente senza modificare molto l’esistente.
Ma sappiamo dalla storia e dall’esperienza che la rapidità di diffusione delle innovazioni, una volta superata la titubante fase iniziale, può diventare travolgente. Basti pensare a come lo smartphone abbia modificato i nostri comportamenti in meno di 10 anni. L’evoluzione tecnologica negli ultimi 30 anni ha fatto passi da gigante. La Play Station 3 della Sony acquistabile per meno di 200 fr. ha la stessa capacità di calcolo del super computer realizzato nel 1997 costato 55 milioni di dollari e che occupava la superficie di un campo da tennis. La straordinaria potenza di calcolo e di memoria dei sistemi odierni consente di applicare algoritmi di analisi e previsione che sono in grado di evolvere automaticamente senza intervento umano, offrendo grandi opportunità all’intelligenza artificiale. Robot e sistemi informatici odierni non eseguono solo cose programmate e azioni ripetitive, il salto di qualità è che sono in grado di apprendere dalla loro esperienza e da quella dei propri simili, perché essendo in rete condividono costantemente i loro dati e li rielaborano.

Imparano dagli errori commessi
L’esempio più noto è “Google translate”, lanciato nel 2006 e che in 10 anni ha compiuto enormi progressi: impara confrontando l’uso delle parole e delle espressioni utilizzate dagli utenti. Idem per le auto Tesla, che oltre ad avere “molti occhi e sensori”, elaboratori potenti, sono anche collegate tra di loro e regolarmente si trasmettono i loro dati, perfezionando e migliorando il loro comportamento, imparando ognuna dagli errori commessi dalle altre. E siamo solo all’inizio! Tutte le innovazioni tecnologiche, presto o tardi, hanno generato cambiamenti importanti sia di prodotto sia nel modo di realizzarli. La questione su cui si confrontano gli studiosi è sapere quale sarà l’impatto sul lavoro e con quale velocità si diffonderà web 4.0. La nota analisi dell’Università d’Oxford(a), pubblicata nel 2013, concludeva che il 47% delle 702 professioni è a rischio. Oltre a cassiere, magazzinieri e nel futuro prossimo autisti sostituiti da solerti robot, e autocarri a conduzione autonoma, sotto tiro vi sono l’insieme delle attività in cui v’è elaborazione e valutazione di dati, quindi toccati sono anche i colletti bianchi del settore terziario (bancario, assicurativo, legale). Mentre resteranno “lavori che si basano sui rapporti interpersonali e richiedono una capacità di giudizio” (esempio: operatori sociali, supervisori di lavori, riparatori, installatori, artisti e accademici in generale) che non possono essere rimpiazzati da “algoritmi”. Di ultima ora lo studio svolto dalla Sup di Lucerna (b), i cui ricercatori, prendendo spunto dalla ricerca inglese, hanno analizzato cosa può accadere nel nostro Paese. Confermano le tesi di Oxford, offrendo anche una cartina che mostra come l’impatto sul lavoro sarà maggiore (fino al 60%) nelle regioni periferiche in ragione di una minor presenza di accademici (17%) in confronto all’impatto nei grandi centri urbani (45%) dove gli accademici sono preponderanti (47%).

Professioni esistenti: spariranno o verranno fortemente modificate
Insomma le possibili implicazioni di web 4.0 si delineano: spariranno o verranno fortemente modificate le professioni esistenti, e molte persone – a seconda delle loro competenze e del luogo dove abitano, perderanno il loro lavoro, o faticheranno a trovarne uno. Certo vi saranno nuovi impieghi, ma sull’insieme dei Paesi e regioni economiche più importanti a livello mondiale il saldo sarà negativo di 5 milioni (7,1 milioni impieghi persi, contro 2,1 di creati) come dimostrato dall’analisi svolta dal Wef pubblicata nel gennaio del 2016.(c)

La questione sociale
La 1a e la 2a rivoluzione dell’800 lasciarono centinaia di migliaia di artigiani e operai senza lavoro e reddito: una tragedia denominata “questione sociale”. Ci volle quasi un secolo di aspre discussioni tra teorici e tra politici, e tante manifestazioni e sommosse operaie per convincere i governanti della necessità di creare un sistema di welfare. Una nuova “questione sociale” si staglia all’orizzonte, lasciar andare le cose, credendo che il sistema si “autoregolerà” senza necessità di modificare i paradigmi vigenti, è sottovalutare l’ampiezza e la velocità con cui avverrà il cambiamento e le conseguenze derivanti. Atteggiamento teorico ingenuo, e posizione politica inammissibile oltre che immorale.

Note
(a)Carl Benedikt Frey e Michael Osborne, “Il futuro della disoccu- pazione. Quanto sono minacciati i posti di lavoro dalla computerizzazione?”Oxford 2013,
(b) I. Willimann, S. Käppeli, Digitale Arbeit und regionalentwiklung, FHSL, 2017
(c) WEF, The Future of Jobs. Employment, Skills and Workforce Strategy for the Fourth Industrial Revolution, 2016

Pubblicato in La Regione, del 4 maggio 2017

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