Tante le attese sugli effetti economici ambientali, territoriali e di traffico che Alptransit avrà in Ticino.
Poche le certezze. “Quale rete di trasporti per il Ticino, per quale sviluppo? Si chiedeva Marco Badan
(NLS, 19.2.1993). Uno dei timori, sollevato ai tempi era di subire gli effetti della nuova linea,
generando un’ulteriore emarginazione del Ticino. R. Ratti insisteva che per creare agganci utili al
Ticino in termini di opportunità economiche e di ridistribuzione, occorresse “un polo nella rete AT”,
senza il quale il Cantone sarebbe diventato un mero “corridoio di transito” o nel migliore dei casi
“zona grigia“. 24 anni sono trascorsi l’ora x è scattata a che punto siamo? Facciamo mente locale,
partendo da cosa si voleva, per arrivare a cosa abbiamo finora raggiunto. Esercizio utile sia per i
“ new entry”, al fine di cogliere gli elementi cardine del progetto, sia per rinverdire la memoria di coloro che ne sono stati artefici, o hanno vissuto la vicenda sin dall’inizio. Il CF e le camere vollero AT per: 1) trasferire il traffico, soprattutto di quello delle merci, dalla strada alla ferrovia; 2)proteggere l’ambiente 3) favorire uno sviluppo economico equilibrato e 4) realizzare uno sviluppo territoriale centripeto e policentrico. Le argomentazioni sostenute dal CF: rimanere agganciati all’EU e alla sua rete di trasporti, avere argomenti forti verso la Comunità per mantenere autonomia di decisione sui trasporti in CH. “La decisione del parlamento di costruire la NTFA ha reso possibile il successo delle trattative e la rinuncia della CEE ad esigere il corridoio di 40 t...La priorità del traffico combinato non è più contestata e il principio del limite di 28 t è oramai riconosciuto” (si legge nella brochure che accompagnava la scheda di voto sul referendum 1992). AlpTransit era presentata come la risposta all’EU per non realizzare il raddoppio del tunnel autostradale, e non cedere sulla richiesta di ridurre il divieto di transito notturno. Certezze cadute come un castello di carte sul tavolo dei negoziati successivi: primo quello sulle 40 t ( e già premono le 60t), poi sugli gli orari notturni. Cosa succederà quando sarà terminato il secondo tunnel autostradale?
Il Ticino, al contrario di URI, aderì in modo entusiasta e ottimista al progetto. “Tanto più l’appoggio dal Ticino alla trasversale alpina sarà chiaro, tanto più importante sarà il peso del Cantone per far valere
le esigenze ticinesi” pronunciò il presidente del Governo Marty, ricevendo il CF Ogi all’Espocentro di Bellinzona nel settembre 1992. Mentre on. Respini, dir del DT, dichiarava che AT “deve tuttavia soddisfare i postulati cantonali” tra cui “l’opera va completata con un efficace aggancio alla rete ferroviaria italiana”. E allora quale sviluppo in Ticino? cosa abbiamo di concreto? Gli studi non mancano, ma si fermano alle ipotesi e alle indicazioni su opportunità e rischi, e ciò che andrebbe fatto. Fa difetto la traduzione delle finalità, in obiettivi operativi (misurabili e quantificabili), con l’elenco delle specifiche misure per realizzarli. A dirlo è Ufficio federale dello sviluppo territoriale (ARE), che ha sviluppato un metodo specifico di valutazione con tanto di criteri e indicatoti, purtroppo ignorato! Cosicché si procede a ritroso, affrontando ora questioni che andavano chiarite e definite parallelamente allo sviluppo della struttura ferroviaria. A struttura funzionante si è costretti a rincorrere gli eventi per “identificare le leve decisive e le misure di accompagnamento necessarie a livello politico, economico, pianificatorio, ambientale e infrastrutturale per raggiungere gli obiettivi”. Risultati: a livello di infrastrutture “la montagna ha partorito un topolino”: il nuovo tracciato da Arth Goldau a Lugano si riduce a due tunnel di base (del Gottardo e del Ceneri), perché il credito non bastava. Certo grazie al nuovo Ceneri si potrà realizzare il collegamento veloce tra i tre poli Lu-Be-Lo. Pochino rispetto al “sacrificio” che il Ticino sarà chiamato a sopportare, con una valanga di treni, senza tuttavia avere
oggi certezze su cosa ne riceverà in cambio.
Lascia basiti l’ingenuità con le quali le Autorità ticinesi hanno avvallato AT; in sostanza “uno chèque in bianco”. Non tragga in inganno, o spinga a facili entusiasmi la recente intesa con le FFS e le promesse di investimenti di 2 MRD fino al 2030; certo tanti, ma a ben guardare essenzialmente legati a necessità tecniche di aggiornamento dell’infrastruttura viaria, dei convogli; o di restyling di stazioni vecchie di 100 anni. Il resto è poco più di un elenco di intenzioni. Manca chiarezza sul cosa, le decisioni di investimenti e la strategia per rilanciare e/o creare nuove attività economiche. Vedi ad esempio “il polo” ticinese nella rete veloce AT su cui Confederazione e ferrovie nicchiano. O ancora su quanto già abbiamo: Officine FFS di Bellinzona, linee ferroviarie che saranno bypassate da AT: Leventina, ma anche del Sottoceneri! Senza scordare il programma Railfit con il quale le FFS intendono razionalizzare, tagliando 1400 posti di lavoro in CH: quanti in Ticino che negli ultimi anni ha già subito un’emorragia di quelli legati ai conduttori di treno e ai macchinisti?
Facit: abbiamo atteso AT per 25 anni e ora che c’è “navighiamo a vista con un vascello costato 15 MRD”. Prodezza tecnologica d’un lato e leggerezza gestionale dall’altro. Giocoforza constatare che malgrado l’esperienza e gli avvertimenti, si sia perseguito con atteggiamenti del tipo “ sviluppo a rimorchio” , piuttosto che con modalità proattive. Non è mai troppo tardi per ravvedersi ...
Pubblicato in La regione del 23.12.2016
“ new entry”, al fine di cogliere gli elementi cardine del progetto, sia per rinverdire la memoria di coloro che ne sono stati artefici, o hanno vissuto la vicenda sin dall’inizio. Il CF e le camere vollero AT per: 1) trasferire il traffico, soprattutto di quello delle merci, dalla strada alla ferrovia; 2)proteggere l’ambiente 3) favorire uno sviluppo economico equilibrato e 4) realizzare uno sviluppo territoriale centripeto e policentrico. Le argomentazioni sostenute dal CF: rimanere agganciati all’EU e alla sua rete di trasporti, avere argomenti forti verso la Comunità per mantenere autonomia di decisione sui trasporti in CH. “La decisione del parlamento di costruire la NTFA ha reso possibile il successo delle trattative e la rinuncia della CEE ad esigere il corridoio di 40 t...La priorità del traffico combinato non è più contestata e il principio del limite di 28 t è oramai riconosciuto” (si legge nella brochure che accompagnava la scheda di voto sul referendum 1992). AlpTransit era presentata come la risposta all’EU per non realizzare il raddoppio del tunnel autostradale, e non cedere sulla richiesta di ridurre il divieto di transito notturno. Certezze cadute come un castello di carte sul tavolo dei negoziati successivi: primo quello sulle 40 t ( e già premono le 60t), poi sugli gli orari notturni. Cosa succederà quando sarà terminato il secondo tunnel autostradale?
Il Ticino, al contrario di URI, aderì in modo entusiasta e ottimista al progetto. “Tanto più l’appoggio dal Ticino alla trasversale alpina sarà chiaro, tanto più importante sarà il peso del Cantone per far valere
le esigenze ticinesi” pronunciò il presidente del Governo Marty, ricevendo il CF Ogi all’Espocentro di Bellinzona nel settembre 1992. Mentre on. Respini, dir del DT, dichiarava che AT “deve tuttavia soddisfare i postulati cantonali” tra cui “l’opera va completata con un efficace aggancio alla rete ferroviaria italiana”. E allora quale sviluppo in Ticino? cosa abbiamo di concreto? Gli studi non mancano, ma si fermano alle ipotesi e alle indicazioni su opportunità e rischi, e ciò che andrebbe fatto. Fa difetto la traduzione delle finalità, in obiettivi operativi (misurabili e quantificabili), con l’elenco delle specifiche misure per realizzarli. A dirlo è Ufficio federale dello sviluppo territoriale (ARE), che ha sviluppato un metodo specifico di valutazione con tanto di criteri e indicatoti, purtroppo ignorato! Cosicché si procede a ritroso, affrontando ora questioni che andavano chiarite e definite parallelamente allo sviluppo della struttura ferroviaria. A struttura funzionante si è costretti a rincorrere gli eventi per “identificare le leve decisive e le misure di accompagnamento necessarie a livello politico, economico, pianificatorio, ambientale e infrastrutturale per raggiungere gli obiettivi”. Risultati: a livello di infrastrutture “la montagna ha partorito un topolino”: il nuovo tracciato da Arth Goldau a Lugano si riduce a due tunnel di base (del Gottardo e del Ceneri), perché il credito non bastava. Certo grazie al nuovo Ceneri si potrà realizzare il collegamento veloce tra i tre poli Lu-Be-Lo. Pochino rispetto al “sacrificio” che il Ticino sarà chiamato a sopportare, con una valanga di treni, senza tuttavia avere
oggi certezze su cosa ne riceverà in cambio.
Lascia basiti l’ingenuità con le quali le Autorità ticinesi hanno avvallato AT; in sostanza “uno chèque in bianco”. Non tragga in inganno, o spinga a facili entusiasmi la recente intesa con le FFS e le promesse di investimenti di 2 MRD fino al 2030; certo tanti, ma a ben guardare essenzialmente legati a necessità tecniche di aggiornamento dell’infrastruttura viaria, dei convogli; o di restyling di stazioni vecchie di 100 anni. Il resto è poco più di un elenco di intenzioni. Manca chiarezza sul cosa, le decisioni di investimenti e la strategia per rilanciare e/o creare nuove attività economiche. Vedi ad esempio “il polo” ticinese nella rete veloce AT su cui Confederazione e ferrovie nicchiano. O ancora su quanto già abbiamo: Officine FFS di Bellinzona, linee ferroviarie che saranno bypassate da AT: Leventina, ma anche del Sottoceneri! Senza scordare il programma Railfit con il quale le FFS intendono razionalizzare, tagliando 1400 posti di lavoro in CH: quanti in Ticino che negli ultimi anni ha già subito un’emorragia di quelli legati ai conduttori di treno e ai macchinisti?
Facit: abbiamo atteso AT per 25 anni e ora che c’è “navighiamo a vista con un vascello costato 15 MRD”. Prodezza tecnologica d’un lato e leggerezza gestionale dall’altro. Giocoforza constatare che malgrado l’esperienza e gli avvertimenti, si sia perseguito con atteggiamenti del tipo “ sviluppo a rimorchio” , piuttosto che con modalità proattive. Non è mai troppo tardi per ravvedersi ...
Pubblicato in La regione del 23.12.2016
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