domenica 11 dicembre 2016

Impasse della politica


Per la politica europea il 2016 potrebbe passare come l’annus horribilis del dopo guerra, oppure l’anno della svolta. Come sovente capita è sufficiente che sopraggiunga un evento forte ed inatteso per sconvolgere le certezze, riorientare: pensiero, priorità ed azione. Il risultato sul referendum britannico è certamente uno di questi eventi perché rappresenta un’opportunità per ripensare l’Unione Europea avviando un dibattito serio, approfondito e partecipato, ridando spazio alla politica con la P maiuscola. Politica, a dire il vero, in affanno almeno su altre 4 questioni scottanti: il sociale, l’economia, l’ambiente e la democrazia. Prese singolarmente questioni non del tutto nuove; la novità odierna è che esse appaiono in contemporanea e sono, più che mai, interdipendenti. Sottovalutate o ignorate dette questioni sono divenute, emergenze. Un’impasse inquietante per gli effetti che sta generando, frutto essenzialmente di un’ostinata, quanto irresponsabile, applicazione della dottrina neoliberista: deregolamentazione, liberalizzazione e privatizzazione a tutti gli azimut, accompagnate da misure di contenimento del bilancio statale, defiscalizzazione, riduzione delle spese sociali, austerità, ecc. Dottrina che ha nella Germania uno dei suoi esempi rappresentativi, da emulare. Infatti la RFT ha saputo declinare virtuosamente sia crescita, sia occupazione mediante “coraggiose” misure di liberalizzazione del mercato del lavoro, tra cui i tanto declamati “minijob” (lavori a meno di 500 EU). Riforme presentate come la panacea perché consentono di cancellare i disoccupati dalla lista dei senza lavoro, offrire lavoratori a buon mercato secondo bisogno alle imprese. Purtroppo l’altra faccia della medaglia, che apparirà solo tra 20 anni, sarà, come l’ha definita lo Spiegel, una vera e propria “Zeitbombe”: milioni di tedeschi che oggi tirano a campare con il reddito appena sufficiente non avranno una copertura sociale necessaria per vivere. Solo allora lo pseudo miracolo odierno apparirà nelle sue reali fattezze e tragiche conseguenze. L’impasse attuale della politica, è la sua uniformazione attorno ad una dottrina considerata alla stregua di vero e proprio dogma. Tornano alla mente le parole di W.Lippmann – saggista e giornalista, nonché consulente di vari presidenti americani, sia democratici sia repubblicani, che negli anni 40 disse: “Quando tutti pensano allo stesso modo nessuno pensa molto”. B. Croce1 oltre 75 anni orsono affermava che “ogni volta che l’antinomia di conservazione e rivoluzione è superata e si attenua, succede appunto un avvicinamento degli estremi e una trasformazione unificatrice dei loro ideali”. Purtroppo l’adesione agli ideali neoliberisti non è frutto di un dibattito, di un confronto, quanto piuttosto di un rapporto di forza generato da una sapiente, quanto determinata azione - promossa e sostenuta da ambienti e settori molto potenti (varie fondazioni tra cui Rockefeller, la Commissione Trilaterale, ecc.)- che, gradualmente tramite la diffusione d’informazioni, la formazione di élite, la sovvenzione di studi e cattedre, è riuscita nell’intento di farli diventare importanti, egemoni. Risultato: la progressiva sparizione del pensiero critico e la sua emarginazione dai luoghi di potere che contano. Paradossalmente è venuta a meno una delle condizioni fondamentali affinché una società, e la democrazia stessa, possa evolvere e migliorare: l’antagonismo, la valorizzazione delle differenze e la pratica costante del confronto. Valori, questi, tanto cari al liberalismo dell’800! Non stupisce che in questa fase storica, d’incertezza riaffiori il discorso sull’ ingovernabilità - pure presente nell’800 - affinché vengano adottate misure che in nome dell’efficienza ed dell’efficacia economica permettano, di rafforzare il potere esecutivo, dando la preferenza a sistemi presidenziali, rispetto a quelli parlamentari. Fughe in avanti che denotano scarsa conoscenza della storia e che preannunciano nulla di buono per la democrazia. Resta l’auspicio che l’odierna crisi sia europea, sia in generale riguardante le quattro emergenze evocate venga colta dalla politica come opportunità per superare l’impasse del pensiero unico di cui è prigioniera. 
 
1 Croce Benedetto, Storia d’Italia dal 1871 al 1915, Adelphi 1991


Pubblicato  CdT del 25 luglio 2016

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