sabato 6 febbraio 2016

RSI Riduzione di budget: soppressioni posti di lavoro inevitabili?


Parrebbe che di fronte al contenimento del budget la via maestra sia ristrutturare che, nell’ortodossia dominante, porta ineluttabilmente alla soppressione di posti di lavoro. È la legge dura del mercato e non possiamo fare altro, argomentano i CEO affrettandosi a rimandare al piano sociale per gli esclusi. Ma davvero non ci sono altre vie percorribili per evitare soppressioni? Cominciamo ad affermare che nell’era attuale di scarsa crescita e in cui la tecnologia “invade” l’area delle mansioni svolte dagli umani, ogni posto soppresso è un posto perso e con esso le conseguenze derivanti: economiche, sociali e umane. Gli ammortizzatori sociali (cassa disoccupazione, ecc.) alleviano transitoriamente l’emergenza finanziaria, ma non costituiscono una soluzione a lungo termine. I nuovi posti oltre che limitati, e magari non in loco, richiedono capacità e competenze specifiche non necessariamente in possesso di chi è in disoccupazione. Ogni individuo umano è unico, diversamente della macchina ha emozioni, impegni ed obblighi. Oltre che lavoratore è anche una persona che vive in un luogo, nel quale intrattiene relazioni: in famiglia e nella società. Molti sono coloro che si prodigano volontariamente per il bene comune senza il quale non avremmo la società odierna. Il lavoro costituisce la fonte di reddito, ma è al contempo un luogo di socializzazione, di relazioni a cui le persone attive dedicano la metà del loro tempo a disposizione. Avere lavoro significa avere una funzione e un ruolo sociale: fonte di autostima. Perdere l’impiego è cancellare un luogo d’identificazione importante per la persona: un dramma. I manager moderni riconoscono l’importanza del loro collaboratori, senza i quali non esisterebbero. Tuttavia molti CEO sembrano dei sopravvissuti dell’800 quando applicano modalità di gestione improntate su gerarchia e ubbidienza assoluta. La democrazia – intesa quale” forma di governo in cui il potere è nelle mani non di uno solo o di pochi,
ma di tutti o meglio della maggior parte, e come tale si contrappone alle forme autarchiche come la monarchia e l’oligarchia”
1 - continua purtroppo a rimanere fuori dalle porte dalla maggioranza delle aziende. A quanto pare anche dalla RSI. Quale alternativa alla soppressione dei posti? La soluzione diversa che riduce il budget senza però il personale, va cercata calcando vie diverse, tipo: “meno tempo di lavoro e lavoro per tutti” come recitava lo slogan, ma anche le promesse all’inizio dell’era digitale! La soluzione è possibile, va concertata implicando tutti gli attori, in primis direzione e collaboratori, in un approccio di democrazia deliberativa e partecipativa. Partendo dal problema e con
il coinvolgimento di tutti, si dovrà analizzare le possibili soluzioni, valutandone vantaggi e inconvenienti. Le questioni da abbordare riguardano gli aspetti tecnici e sociali; per esempio: l’organizzazione del lavoro, l’uso di mezzi onde valutarne, efficienza, efficacia e adeguatezza (sprechi, cattiva pianificazione, ecc.). Poi passare alla ricerca di soluzioni che pongano quale obiettivo la salvaguardia del lavoro. Quale organizzazione è possibile? Quali le competenze richieste? Quale la più adeguata in relazione al potenziale umano in azienda? Come realizzare il cambiamento, entro quanto tempo, cosa prevedere a sostegno (formazione, ecc.) . Ma anche questioni quali: chi necessita di lavorare al

100%? Chi può accettare una riduzione del tempo di lavoro? È possibile considerare una forma di remunerazione differenziata che tenga conto dei bisogni reali ? (chi ha famiglia e figli, ha bisogni finanziari ben diversi di colui che vive singolo, o che i figli sono già adulti) È possibile compensare la minor remunerazione l’aspetto monetario con altre modalità “non monetarie”(esempio un conto in ore, su cui corre l’interesse) da utilizzare sotto forma di congedi e vacanze? Quali altre forme di compensazione non finanziarie esistono? Nulla è certo, ma se c’è volontà, uscendo da solco noto, è possibile, trovare soluzioni “win-win”: senza perdenti. La coesione, la solidarietà, gli interessi comuni (personali, aziendali e regionali) sono forze che possono aiutare ad affrontare il conflitto, portando al tavolo negoziale le parti. Basta volerlo. 

Pubblicato nel Corriere del Ticino ,  del 6 febbriao 2016, pag 5

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