Lo scombussolamento climatico indotto dall’attività umana tramite l’immissione di
ingenti quantità di carbonio prodotto dalla combustione di risorse energetiche fossili
(carbone, petrolio, gas) è oramai provato. Il summit di Parigi è sotto i riflettori e
suscita tante speranze; capi e rappresentanti di governo presenti sono chiamati a
compiere un atto di civiltà e fare passi concreti per affrontare i problemi generati dal
nostro modello di sviluppo che poggia sulle risorse energetiche fossili. Gli studi
elaborati da equipe pluridisciplinari composte dai migliori scienziati di tutti i paesi non
lasciano scampo: il superamento della soglia dei + 2° C comporterebbe fenomeni
climatici che modificherebbero il mondo finora conosciuto con un impatto devastante
sul mondo degli esseri viventi. Un cataclisma annunciato che provocherebbe milioni
di sfollati e di vittime. Continuare con l’attuale modello di sviluppo economico,
predatorio di risorse e generatore di emissioni di gas a effetto serra, responsabile
dell’innalzamento della temperatura, significa mandare alla morte sicura esseri umani,
ovvero perpetrare un crimine contro l’umanità. Un’altra nuova sfida ci attende: quella
del diritto alla vita.
Dopo aver debellato i crimini della schiavitù, della colonizzazione, dell’apartheid, siamo confrontati con il “crimine climatico” che mette nuovamente a repentaglio il principio del diritto alla vita. È giunto il momento di dire stop ad un sistema economico e sociale che favorisce imprese e individui che si arricchiscono con attività “climaticamente criminali”. Per farlo occorre farlo senza esitare.
La terra conta miliardi di anni, continuerà ad evolvere nello spazio per altrettanti anni, ma il tempo per decidere sul destino dell’umanità è agli sgoccioli, quasi scaduto. Il clima non conosce frontiere, gioco forza risolvere le questioni con tutti gli stati, i maggiori e più inquinanti in primis. Non bastano più le dichiarazioni di buona volontà o promesse, occorrono fatti concreti, e azioni corali.
Ai capi di governo riuniti a Parigi il coraggio di osare e di compiere il passo decisivo che porti ad accordi vincolanti; ai parlamenti dei singoli paesi la responsabilità di ratificare la decisione per finalmente agire. A noi cittadini esercitare controllo e pressione su chi è chiamato a rappresentarci!
(Pubblicato in La Regione il 2 dicembre 2015)
Dopo aver debellato i crimini della schiavitù, della colonizzazione, dell’apartheid, siamo confrontati con il “crimine climatico” che mette nuovamente a repentaglio il principio del diritto alla vita. È giunto il momento di dire stop ad un sistema economico e sociale che favorisce imprese e individui che si arricchiscono con attività “climaticamente criminali”. Per farlo occorre farlo senza esitare.
La terra conta miliardi di anni, continuerà ad evolvere nello spazio per altrettanti anni, ma il tempo per decidere sul destino dell’umanità è agli sgoccioli, quasi scaduto. Il clima non conosce frontiere, gioco forza risolvere le questioni con tutti gli stati, i maggiori e più inquinanti in primis. Non bastano più le dichiarazioni di buona volontà o promesse, occorrono fatti concreti, e azioni corali.
Ai capi di governo riuniti a Parigi il coraggio di osare e di compiere il passo decisivo che porti ad accordi vincolanti; ai parlamenti dei singoli paesi la responsabilità di ratificare la decisione per finalmente agire. A noi cittadini esercitare controllo e pressione su chi è chiamato a rappresentarci!
(Pubblicato in La Regione il 2 dicembre 2015)
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