giovedì 14 agosto 2025

Un Harakiri globale

 Fra  i molti auspici formulati all’avvio del millennio figuravano: pace Guerra Fredda che suscitò il desiderio di un’epoca di pace con la mediazione delle Nazioni Unite; sviluppo sostenibile mediante veloce abbandono delle risorse energetiche fossili, il cui uso genera gas serra, responsabili del costante aumento di temperatura e tutela ambientale adottando misure di conservazione della biodiversità. 

Un quarto di secolo dopo il quadro è cambiato radicalmente, purtroppo in peggio: la guerra impera sia nel centro geografico dell’Europa tra due paesi confinanti (Russia e Ucraina), sia in Medio Oriente. A livello di sviluppo sostenibile e biodiversità gli indicatori ecologici riguardanti acqua, biodiversità , polluzione chimica, qualità della terra e clima sono al rosso scarlatto, mentre la temperatura terrestre e dei mari è in continua ascesa, superando con 25 anni di anticipo il limite massimo di 1,5 C rispetto ai livelli preindustriali, fissato per evitare conseguenze climatiche catastrofiche e irreversibili.

Sebbene la questione ambientale abbia progressivamente occupato uno spazio pubblico, con agenzie e ministeri dei vari paesi sempre più impegnati nella raccolta di dati, e con loro pure moltissime aziende nel convalidare i propri sforzi, le decisioni operative non sono all’altezza dei problemi. Interessi geopolitici e priorità economiche e finanziarie a corto termine conti-nuano a far slittare l’applicazione delle leggi su misureriguardanti l’abbandono delle risorse energetiche fossili, rispettivamente dell’uso di sostanze tossiche elaborate sotto l’egida dell’ONU. 

“La ragione principale dello smacco è e rimane la subalternità delle questioni ambientali alla

necessità di garantire la crescita economica, e quindi ai relativi obiettivi e strumenti”, scrive il sociologo Razmig Keuchean, “la crescita è e rimane il parametro cruciale a

cui Natura e insieme sociale devono accomodarsi”. La crescita è cioè “il Sacro Graal” dello sviluppo. “La difficoltàè strutturale. Essa risulta da tensioni reali tra imperativo

d’accumulazione del capitale e urgenza ecologica”.Significativa al riguardo la posizione dell’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico raggruppante 38 stati dell’area “occidentale”, fra cui la Svizzera, ma senza Cina, Russia, India, Sudafrica, Brasile). Essa parla di “crescita verde”, ovvero: disporre energiasenza emissione di gas a effetto serra. Ciò che aumenta ambiguità e confusione. Infatti seppur già esistono tecnologie che permettono di assorbire gas serra, a tutt’oggi il disaccoppiamento promesso tra

crescita economica e diminuzione dei gas serra è invisibile. 

L’illusione di poterlo fare è duplice: impossibile eliminare in tempi utili i gas serra ac-

cumulatisi negli ultimi 200 anni nell’atmosfera, e in continuo aumento. Ma anche se lo fosse il ragionamento coccia contro la crassa ignoranza delleleggi fisiche della termodinamica, che spiegano che nessun sistema può trasformare energia senza perdite, e ogni conversione energetica comporta inefficienze e accumulo di calore nel sistema terrestre. ueste regole natu-

rali – non modificabili da volontà politica o interessi economici – rendono illusoria l’idea di una crescita infinita basata su risorse limitate della Terra e sulla violazione degli equilibri climatici.

Il mantenimento di convinzioni basate su comprensioni errate sta mettendo in pericolo gli equilibri planetari e minaccia l’esistenza dell’intero sistema biologico a cui appartiene l’umanità. Ma di ciò i governanti dei paesi avanzati non sembrano aver compreso il significato. Un harakiri globale.


Pubblicato in AREA del 6 giugno 2025- Rubrica *Dietro lo specchio"

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