Salari
stagnanti, premi di cassa malati in continua ascesa, a cui si
aggiungono pigioni in forte crescita. Per molti le cose stanno
peggiorando, in barba al «diritto di ogni individuo ad un livello di
vita adeguato per sé e per la propria famiglia, che includa
un’alimentazione, un vestiario e un alloggio adeguati, nonché al
miglioramento continuo delle proprie condizioni di vita» fissato dal
Patto internazionale relativo a diritti economici, sociali e culturali
adottato dall’Onu nel 1976, pure approvato dall’Assemblea federale il 13
dicembre 1991.
La questione dell’alloggio sta diventando
un’emergenza ovunque. Berlino, Barcellona hanno fatto parlare di sé per
le manifestazioni di cittadini che denunciavano il “ras-le-bol” per la
scarsità di appartamenti primari a canoni accessibili, generata dal loro
uso quali residenze per turisti. La “riscoperta del centro urbano”,
nuclei storici in primis, e di quartieri popolari adiacenti quale luogo
residenziale è oramai un fenomeno generalizzato. Stessa dinamica
ovunque, anche da noi nelle città e località di zone lacustri:
ristrutturazione di palazzi esistenti e/o edificazione di nuovi per far
spazio a hotel stellati, residenze e condomini; tutti destinati a
redditi medio-alti. La forte disponibilità di capitali alla ricerca
d’investimento sicuro e i bassi tassi ipotecari hanno innescato un
movimento di compravendita senza precedenti, con conseguente forte
rivalutazione dei prezzi di terreni e immobili.
Se per
i proprietari può risultare vantaggioso, per gli inquilini, soprattutto
famiglie con reddito medio-basso, la faccenda diventa penosa e
drammatica. Sloggiati dai quartieri a causa di pigioni fuori portata del
loro reddito, sono giocoforza costretti a trasferirsi nelle zone
periferiche, sovente distanti dal centro, poco o nulla servite da mezzi
di trasporto pubblici, e dove il minor costo dell’alloggio non compensa
l’aumento di quelli extra generati dal trasporto individuale che possono
mandare in crisi il budget familiare allorquando il prezzo del
carburante aumenta di pochi centesimi come evidenziato dai Gilets jaunes
in Francia. A cui si aggiungono i disagi per lunghi tempi di trasferta
tra domicilio e luogo di lavoro, la carenza o assenza di servizi per la
copertura di bisogni basilari primari (asili, scuole, negozi, centri di
assistenza medica); e non da ultimo la perdita di relazioni sociali, per
coloro residenti da anni nello stesso quartiere. Tutti fattori che
comportano un peggioramento delle condizioni di vita.
«Sono
lieta che ci sia una legge che si rivolga a coloro che hanno
particolarmente bisogno di alloggi», ha dichiarato Leilani Farha,
relatrice speciale delle Nazioni Unite sulle questioni abitative. Non si
riferiva però alla Svizzera, bensì al Portogallo dove il 1° ottobre è
entrata in vigore la “Legge di base in materia di alloggio” che è un
unicum: «Lo Stato è il garante del diritto all’alloggio» quale «diritto
umano». «Le politiche dell’edilizia popolare – recita la legge
portoghese – devono seguire i principi di universalità, proteggendo i
cittadini dalle discriminazioni fra cui il canone d’affitto, promovendo
l’uso di alloggi vuoti pubblici e privati soprattutto nelle aree urbane
centrali». La legge consente di sanzionare i proprietari che lasciano
vuoti case e appartamenti, e prevede che lo Stato metta a disposizione i
beni immobili pubblici destinati alla locazione, favorendo l’accesso
all’alloggio con canoni compatibili con il reddito delle famiglie. Stato
ed enti locali possono applicare il possesso amministrativo, ricorrere
al diritto di prelazione e all’esproprio con indennizzo.
Il
Portogallo si è dotato d’una legge d’avanguardia. Resta ora la sua
applicazione, ma è un passo nella giusta direzione per concretizzare il
diritto all’abitazione ignorato da tutti i Paesi. Un esempio che altri
Stati, fra cui il nostro, dovrebbero seguire. |
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