Eventi climatici sempre più violenti e frequenti, stanno
sconvolgendo i quattro angoli del pianeta. L’emergenza ambientale non può più
essere relegata in secondo piano perché le sue ripercussioni stanno oramai
minando le strutture produttive vitali su cui si basa il modello di sviluppo in
auge. I fenomeni odierni non hanno nulla a che vedere con quelli accaduti in
tutto il passato dell’uomo. Come afferma l’ecologista Daniel Tanuro è una crisi
dei rapporti tra l’umanità e il suo ambiente; un unicum nella storia umana, una
novità assoluta, derivante da un sistema socio-economico che si basa sull’uso massiccio
di combustibili fossili (carbone, petrolio, e gas) per produrre energia.
Combustione che libera nell’atmosfera carbonio che si trasforma in CO2
(il biossido di carbonio). Il CO2 è “trasparente” ai raggi solari ma
blocca quelli infrarossi irraggiati dalla terra verso l’esterno (effetto
serra), facendo aumentare la temperatura del pianeta. Ovvero maggiore è la
concentrazione di CO2, maggiore è l’aumento di temperatura. Alcuni
dati per comprendere la situazione odierna: la concentrazione media di carbonio
sulla superficie terrestre nel 1750 era di 278 parti per milione di volume
(ppm), lo scorso anno era arrivata a 405 ppm che è il valore più alto degli
ultimi 800mila anni.
Siamo già ben oltre i 350 ppm, valore considerato dagli specialisti
quale limite superiore onde evitare effetti climatici disastrosi. Insomma il CO2
che ha creato condizioni climatiche favorevoli alla vita che conosciamo,
provoca il contrario quando supera il suddetto limite!
Per il bio-economista Herman Daly il nostro modello socio
economico di sviluppo basato sulla sete del profitto che spinge a produrre
sempre di più non è più sostenibile perché, oltre a risultare antieconomico (costa
di più di quanto valgano i margini che
si ottengono) creando precarietà e disagi sociali crescenti, distrugge
l’ambiente in cui viviamo.
Anche se smettessimo oggi di immettere artificialmente
carbonio nell’atmosfera non ritorneremmo presto alla normalità, perché la
capacità d’assorbimento naturale del CO2 tramite oceani e foreste è
limitata e richiede tempo. Resteremmo
quindi per decenni ancora sotto l’effetto della “lunga coda ” del gas
accumulato e relativi effetti climatici di cui abbiamo avuto solamente i primi
assaggi.
Purtroppo siamo ancora distanti dalla situazione di zero
emissione, anzi! Tuttavia v’è la convergenza quasi univoca a livello
internazionale sulla necessità di agire per far passare il sistema energetico
dalle fonti fossili al solare. Obiettivo ambizioso che non può essere
concretizzato da un giorno all’altro. Esso richiede l’applicazione di una
strategia concordata tra tutti i paesi, nonché rigore d’applicazione da parte
di ognuno. La realtà descritta dai dati raccolti indica che sebbene vi sia
stata, qua e là, qualche riduzione, siamo ben lontani da quanto auspicato. La
velocità di riduzione delle emissioni è troppo lenta, assolutamente
insufficiente per raggiungere la sostenibilità ambientale: mantenere l’aumento
a 1,5° C rispetto al periodo preindustriale.
Che fare? A differenza dell’economia, della politica e del
sociale la crisi ambientale non è una situazione transitoria: nella scala
temporale umana essa comporta fenomeni che sono, già ora, irreversibili.
Gioco forza voltare pagina rapidamente, definendo una
strategia che abbandonando il paradigma
dominante, consenta di superare le impasse attuali generate dal capitalismo e la
sua necessità di crescita fisica infinita, per adottare uno nuovo che, mirando
ad una forma di stabilità, si adatti alla
capacità di carico planetario, e al contempo possa realizzare la sostenibilità
socio-economica che abbia al centro i bisogni umani ed il riconoscimento del
loro lavoro.
Apparso in Area il 5 dicembre 2018
Apparso in Area il 5 dicembre 2018
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