Fehlstart, titolava la NZZ all’indomani della ripartizione dei dipartimenti fra i consiglieri federali. Titolo azzeccato, traducibile in “falsa partenza”, altro che fine dei litigi e delle tensioni in seno al CF: è stata avviata una campagna elettorale, un tormentone che ci accompagnerà, stiamone certi, durante un intero anno.
Tutti i commenti fatti sull’elezione di Sommaruga e Amman che, all’unisono, inneggiavano alla nuova squadra, composta da persone equilibrate, disponibili al dialogo che finalmente avrebbero ristabilito un positivo clima collegiale e riportato i ministri a concentrarsi sugli interessi del paese, hanno perso senso e significato. Ad un anno dalle nomine federali che quasi certamente scombussoleranno nuovamente le carte delle rappresentanze partitiche, e quindi anche la ripartizione degli stessi dipartimenti, alcuni ministri hanno deciso accogliere i nuovi con il gioco “scambiamoci la sedia”, e di passare ad un altro dipartimento con una nonchalence che definirla irresponsabile è troppo gentile. Il potere a volte dà alla testa e rende arroganti chi lo detiene: facendo sberleffo dell’efficienza che, invece, richiede di saper usare al meglio le risorse e le competenze disponibili di una squadra.
La collegialità e la fiducia reciproca non si creano con dichiarazioni d’intenzione, ma tramite azioni concrete, nelle quali fondamentale è la definizione di procedure e di regole condivise, e il loro rispetto da parti di tutti. Un buon inizio per diventare una squadra unita e protesa verso la collegialità avrebbe richiesto stato una decisione consensuale. Quella di lunedì 27 settembre, a maggioranza di cinque contro due, fa a pugni con tale condizione, e crea zizzania e diffidenza tra membri dell’equipe: generando esattamente il contrario delle dichiarazioni altisonanti.
Parrebbe che c’è da malfidarsi quando la superficie dell’acqua è calma e tutti ostentano tranquillità, proprio come nel caso dei messaggi di rispetto della concordanza e del diritto alla uguale rappresentanza partitica in seno al CF, sbandierati prima della scelta dei rimpiazzanti. In realtà essi celavano intenzioni di spartirsi la torta dei dipartimenti tra PLR e PPD, mettendo soprattutto il PS nell’angolo. Il PS, certo ingenuo e credulone non si è accorto che sotto la superficie calma del lago, tiravano correnti possenti. Interessi partitici, intrecciati a quelli di potenti lobby. Lobby che grazie a notevoli risorse, pazientemente e con determinazione foraggiano e sostengono parlamentari, promuovono campagne informative di parte, costruiscono maggioranze per far passare le loro idee, e che nel gioco politico hanno avuto la meglio sugli interessi del paese: non è un buon segnale per la democrazia, proprio una falsa partenza.
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