Il cellulare è diventato un oggetto multifunzionale: telefoniamo, inviamo e riceviamo messaggi, navighiamo, fotografiamo, filmiamo. Oggidì in tempi di pericolo di contagio è quasi d’obbligo averlo per fare pagamenti. Tuttavia il cellulare è anche uno strumento che consente di controllare il comportamento del suo utente: tutti i clic, tutte le operazioni svolte, essendo digitalizzate, sono accessibili al gestore della rete. Addirittura il cellulare se acceso e in rete può essere pilotato dall’esterno.
Insomma «si possono sorvegliare in tempo reale le persone,
prevederne e influenzarne il comportamento» spiega Solange
Ghernaouti, professoressa all’Università di Losanna specialista di
cibersicurezza e ciberdifesa nella bella intervista curata da Moreno
Bernasconi. «In teoria non esistono limiti a questo controllo totale»
continua Ghernaouti, per la quale «non esiste nessuna sicurezza,
controllo, trasparenza sugli attori che li manipolano, sulle
infrastrutture di stoccaggio, di trattamento e di comunicazione, sulla
durata di vita dei dati». E soprattutto non v’è «garanzia che i dati
raccolti non siano utilizzati per fini diversi da quelli iniziali o che non
siano piratati».
Proprio come accaduto con lo scandalo Cambridge Analytica, l’azienda implicata nella campagna elettorale di Trump, utilizzò i dati riguardanti 85 milioni di utenti USA fornitagli a loro insaputa da Facebook per pilotare il voto del cittadino! Shoshana Zuboff, professore emerito a Harvard, è stata esplicita: i Big Other, come lei chiama i big data analytics (sistemi di analisi dei dati sorretti dall’intelligenza artificiale) «sono progettati per controllare e pilotare a loro insaputa il comportamento umano».
I Big Other stilano in tempo reale mappe e identikit specifici su comportamenti, abitudini, preferenze, desideri di singole persone, o gruppi declinati secondo età, sesso, paese. Una manna per le aziende che mediante un’azione comunicativa personalizzata possono assicurarsi un vantaggio competitivo sui nuovi mercati. L’autrice definisce tale pratica «capitalismo della sorveglianza» (titolo anche del suo best seller scritto nel 2017) sottolineando che «gli imprenditori, appropriandosi dei dati personali, mettono in pericolo la democrazia manipolando il nostro libero arbitrio».
Senza accorgerci siamo entrati in una dimensione in cui pochi attori economici sono in grado di influenzare scelte e comportamenti, invadendo campi extra economici, suscitando indignazione oltre che fra i difensori del libero mercato, anche tra quelli della democrazia. Paradossalmente mentre opinion maker e stampa denunciavano (giustamente) l’occhio orwelliano degli Stati autoritari (Cina e Russia in primis), sono rimasti ciechi riguardo il diffondersi delle pratiche di sorveglianza del capitalismo negli Stati democratici, «cadendo - è il caso di dirlo - dal fico».
Per Eduard Kaeser (filosofo e fisico svizzero) sia l’approccio «soft» della Silicon Valley, sia quello «autoritario» praticato dalla Cina mirano ad un individuo che si comporti in modo utile: economico (utilizzare le varie app) per quello californiano; sociale (cittadino diligente, rispettoso delle regole) per quello cinese. Sostanzialmente l’obiettivo di ambedue è «la programmazione dei desideri e delle decisioni» degli individui. In Cina la chiamano «armonizzazione», in California «debuging» (ricerca e correzione di errori). L’accettazione sociale deriva dal fatto che l’intelligenza artificiale, modulandosi su quella naturale, rafforza il conformismo, pur dando l’impressione ai singoli di essere totalmente autonomi nel loro agire.
La tendenza a conformarsi dell’individuo umano, quale essere sociale,
è oltre tutto accentuata dalla tecnologia digitale che, per esempio,
obbliga ad aggiornare le applicazioni. Questo spiega almeno in parte
«la gioiosa predisposizione a farsi sorvegliare» rilevata dal direttore
Fabio Pontiggia nell’editoriale del 17 marzo. Ivan Krastev (direttore del
Centre for liberal strategies) ha individuato alcuni elementi
concernenti gli effetti potenziali del coronavirus: ritorno di uno Stato
forte e la sua capacità di spaventare la popolazione per convincerla a
rispettare le nuove regole comportamentali, aumento del potere degli esperti, fascino verso l’autoritarismo tecnologico.
Fine della
democrazia? Per fortuna come in Matrix vi sono ribelli. Scientifici e
movimenti che sviluppano e adottano sistemi informatici a circuito
chiuso, assicurando così autocontrollo e autonomia. Movimenti
marginali, certo, ma che indicano la possibilità di sfuggire alla morsa
di capitalismo e democrazia della sorveglianza.
Pubblicato in Corriere del Ticino , 8 maggio 2020
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