Per decenni abbiamo prelevato risorse, prodotto energia à gogo con
carbone e petrolio, riversato nella biosfera la spazzatura, tra cui il
CO₂, e ora la Terra presenta il conto. Un conto che non siamo in grado
di onorare. Potrebbe essere la sintesi di un contabile.
Intanto
il surriscaldamento prodotto dai gas ad effetto serra fa battere record
di temperatura, siccità, alluvioni, tempeste di neve e tornado. Il
fenomeno procede più rapido del previsto: a fine secolo l’aumento
potrebbe segnare oltre 6 gradi, invece dei 2 considerati limite massimo.
Lo afferma una ricerca pubblicata dalla Rivista Pnas dell’Accademia
nazionale delle scienze statunitense. La scarto di previsione è da
imputare ad una sottovalutazione di alcuni fenomeni di retroazione tra
loro interagenti. Per capirci: la fusione dei ghiacci polari della
Groenlandia, innesca una perturbazione delle correnti oceaniche,
provocando un’accumulazione di calore nell’emisfero sud, causando
un’accelerazione della fusione antartica, dunque del permafrost, che
libera metano fissato nei ghiacci, che infine accelera quale gas serra
il riscaldamento.
In realtà la catastrofe climatica
imminente non è che la punta dell’iceberg. Vari altri fenomeni sono
compresenti: crisi ecologica-esaurimento risorse di base: acqua, terreno
e materie prime, diminuzione della biodiversità; crisi economica –
costi reali che superano i benefici, vulnerabilità di un sistema
omogeneo interconnesso, con effetto domino (vedi crack finanziario del
2008); crisi sociale – crescente precarietà e disuguaglianze
nell’accesso a servizi, ai beni di base (cure, alloggio...), emigrazioni
forzate. In altre parole, oltre ad ambiente e clima, sta collassando
l’intero modello socio-economico e culturale. Collasso riconducibile
alle esigenze del capitalismo: crescita costante dei consumi e del
profitto.
La strategia Carbon tax – quote di CO₂ (e anche quella di
pompaggio del CO₂) – è inadeguata per raggiungere in tempi utili il
doppio obiettivo di: azzerare le immissioni dei gas ad effetto serra
entro il 2050 e di realizzare un modello di società sostenibile a
livello ambientale, climatico, sociale ed economico.
«Non
possiamo risolvere i problemi con lo stesso tipo di pensiero che abbiamo
usato quando li abbiamo creati» disse Einstein. Parafrasandolo: non
possiamo risolvere la complessa crisi odierna applicando principi e
criteri che l’hanno creata. Per affrontare il problema complesso è
necessario adottarne altri. In primis adottare l’approccio
interdisciplinare. Impossibile proseguire a compartimenti stagni.
Esemplificando: è positivo che l’auto elettrica non emetta CO₂ quando
viaggia, ma l’elettricità che la muove e tutta l’energia, nonché risorse
per costruire le sue varie componenti sono CO₂ free? Idem per il legume
bio proveniente da paesi lontani, certo rispettoso a livello di
produzione locale, ma che ne è del bilancio complessivo dell’intera
catena di trasporto-conservazione-commercializzazione in Svizzera?
Inutile “sognare” un’impossibile quadratura del cerchio: “The Game is
over”.
Il cambiamento radicale di paradigma dovrà basarsi su
elementi qualitativi in sostituzione di quelli tecnico-quantitativi
odierni, facendo spazio a sostenibilità ambientale, resilienza ed
efficienza, comportamenti parchi, mutualismo, benessere psico-fisico
delle persone, il loro ruolo e funzione.
Una sfida che tocca nel
profondo valori e convinzioni, rimettendo al centro dell’attenzione
l’essere umano e la natura di cui è parte integrante. Sostanzialmente
quanto reclamano anche le migliaia di giovani scesi in piazza in varie
città svizzere e del mondo.
Apparso in Area, il 15 febbraio 2019
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